POSSIBILE MAI?!
Le macchine che non inquinano esistono già, ma …..non le vogliono!
Argomenti di Arte, Cultura, Moda e Natura
a cura di Maria G. Porrini
Le macchine che non inquinano esistono già, ma …..non le vogliono!
Mimosa per la Festa della donna chiusa nel cellofant, ricordo e simbolo di un passato infelice.
Tempo fa ho trovato sulla Repubblica in agosto, mentre mi riposavo sotto l’ombrellone, un articolo veramente interessante, che qui vi riporto quasi per intero. E’ di Federico Rampini.
Preferisco non commentare.
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Ci sono state tramandate preghiere antiche che nessun uomo è mai riuscito a leggere, perché nessun maschio può capire la lingua in cui sono scritte. Non sono in cinese ma in Nushu, forse l’unica lingua al mondo creata da donne per comunicare solo fra loro. Nushu significa letteralmente “scrittura delle donne” ed è stato creato circa 3000 anni fa nella Cina Meridionale.
Messa fuori legge dal partito comunista negli anni ’50, la Lingua delle Donne è stata riscoperta e studiata dalle linguiste cinesi Zhao e Zhebíng, dalle giapponesi Toshiyuki Obata e Orie Endo. La rarità linguistica è anche una finestra sulla condizione femminile in Asia. Come spiega la professoressa Zhao, «la prima ragione per la nascita di questa lingua fu il fatto che le donne vivevano nell’analfabetismo forzato, non potevano andare a scuola e nessuno insegnava loro lo Hanzì, la scrittura cinese. L’altra ragione è la pratica dei matrimoni combinati, per cui le nozze erano un passaggio tragico a vita delle donne: strappate alle proprie mamme e sorelle e alle amicizie d’infanzia, finivano sotto l’autorità della famiglia del marito, spesso in stato di semischíavitù e sottoposte alle vessazioni delle suocere.
Ma le donne della provincia di JlangTong nello Hunan trovarono una consolazione.
Non conoscendo l’alfabeto degli uomini inventarono una scrittura originale per tramandarsi le canzoni della nostalgia, per confidare alle amiche i loro pensierí più intimi e le sofferenze. Furono aiutate dall’esistenza di una solidarietà femminile speciale: in questa regione esisteva l’antico costume dello Rehai Zimel, il «giuramento di sorellanza», che fin dall’adolescenza creava legami perfmo più forti del sangue (è stata affacciata da studiosi occidentali l’ipotesi che lo Jiebaí Zimei potesse nascondere affetti lesbici; Zhao Liming lo esclude categoricamente ma questo è scontato perché nella Cina di oggi l’omosessualità è ancora un tabù.)
«Quando una giovane donna veniva data in sposa, racconta Orie Endo, sua madre, le sorelle e le amiche giurate componevano dei canti apposta per esprimere il dolore della separazione imminente. Ma una volta che la ragazza partiva per il villaggio del marito le loro voci non potevano più viaggiare. Fu così che nacque una scrittura per mantenere vivo il legame tra le donne, una scrittura che non poteva essere il cinese, visto che lo Hanzì veniva insegnato solo agli uomini. Alla giovane sposa le parenti e le amiche regalavano dopo le nozze un San Chao Shu, il libro del cuore, in cui scrivevano i loro auguri di felicità; molte pagine venivano lasciate bianche perché la sposa potesse confidarvi negli anni seguenti i suoi pensieri e le sue sofferenze».
Così nella notte dei tempi fu creato questo alfabeto Nushu, con 1.500 caratteri che traducono suoni del dialetto locale in sillabe. Sono caratteri scorrevoli e aggraziati, diversi e più semplici degli ideogrammi mandarini che invece all’origine rappresentano dei concetti. Ma sono rímasti per secoli incomprensibíli e impenetrabili per i maschi. Composizioni in questo alfabeto sono state ritrovate anche ricamate sui ventagli e sui vestiti della zona.
Un altro aspetto raro della scrittura Nushu è che si esprime quasi esclusivamente in versi, perché la sua origine orale sono i canti delle donne che lavoravano in casa insieme a filare, cucire vestiti, confezionare scarpe.
In quei versi scritti per le amiche lontane sono consegnate le testimonianze di una condizione femminile senza speranza.
«Le mie cognate mi disprezzano.
Da mangiare ho solo un po’ di crusca
Con dell’acqua per farne una minestra
Mi.costringono a fare tutto il lavoro domestico
Ma il mio stomaco è vuoto».
«Mio marito scommette al gíoco
Mi dimentica per andare alle bische
Ne ho abbastanza di soffrire
Quando mi picchia e non posso fuggire
Ho cercato di impiccarmi
Ma gli zii mì hanno riportato in vita».
Nei diari femminili in Nushu decifrati dalle linguiste c’è autocommiserazione e disprezzo di sé stesse. Chi scrive spesso si indica alla terza persona come «questa donna dal destino spregevole, essere inutile, nata dalla parte sbagliata».
Nascere donna è la dannazione di un karma negativo in una vita precedente.
Al tempio delle due sorelle sulla Montagna Fiorita vicino a Shanjiangxu, tra gli odori dell’incenso che brucia, il canto che una contadina ha lasciato su un rotolo di carta di riso si traduce così:
«Sorelle defunte, ascoltate questa mia preghiera.
Questa povera ragazza vi scrive nella Lingua delle Donne.
Anime sorelle abbiate pietà di me.
Vorrei seguirvi dove siete
Se solo mi accettate
Voglio seguirvi fino alle sorgenti gialle dell’aldìlà.
Di questo mondo non mi attira più niente.
Vi scongiuro trasformatemi in uomo
Non voglio più avere il nome di donna».
Il Nashu venne scoperto e studiato negli anni 50, ma quasi subito venne vietato dal partito comunista, forse perché la sua sopravvivenza smentiva le versioni ufficiali sull’avvenuta emancipazione della donna cinese. Una delle ultime autrici a usare la Lingua delle Donne, He Yanxin, è nata nel 1940: la sua autobiografia ‑ dieci pagine fitte dì 2.828 caratteri Nushu scritti sul quaderno di scuola del figlio ‑ descrive le sofferenze di un matrimonio imposto d’autorità dalla famiglia, una consuetudine teoricamente soppressa nella Cina socialista di Mao Zedong. Tuttora i demografi misurano il peso dei pregiudizi sessisti e l’arretratezza della condizìone ferominile in Cina dal trìste fenomeno statistico delle “bambine scomparse”
In base alle normali tendenze procreative del genere umano ( per cui in media alla nascita ci sono 106 maschi per 100 femmine) tra il 1980 e il 2000 in Cina sarebbero dovute nascere 13 milioni di bambine in più di quelle che sono nate. Le «bambine scomparse» nei censímenti demografici, sono state vittime di veri e propri ínfanticidi di massa, oppure in epoca più recente e grazie ai progressi della medicina, sono il risultato di una selezione prenatale dei sesso: quando l’ecografia rivela che il feto è femminile sí opta per l’aborto.
Su scala nazìonale questi aborti mirati a seconda del sesso del nascituro producono l’enorme squilibrío delle nascite rivelato dai censimenti. Il pregiudizio contro le bambine si attenua nelle grandi città come Pechino e Shanghai. Resta forte nei villaggi come Shanjianxu nonostante la politica di controllo della natalità ‑ la regola del figlio unico ‑ sia stata ammorbidíta proprio a favore dei contadini.
Oggi la Lingua delle Donne non è più fuorilegge. Anzi a Shanjianxu e nei villaggi vicini come Pumel, vogliono cercare di trasformare il Nushu in un’attrazione turistica e hanno comincìato a insegnarlo nelle scuola. Ma Orie Endo teme che la sua estinzione sia comunque vícina. A parte le studiose venute da lontano, nello Hunan le donne veramente capací dí leggerlo e scriverlo, oltre che di parlarlo, sono rimaste solo in tre: Yang Huanyi di 94 anni, HeYarudne, HeJinhua di 64. Dopo di loro forse l’unìca lingua femminile del mondo sarà relegata in un museo.
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o conosciuta anche dagli uomini.
MEGLIO COSI’
Maria
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