Parliamo di comunicazione: 9 NORME PER NON LITIGARE IN FAMIGLIA

Brani di questo articolo sono tratti dal Libro

Parlami di Me

della scrittrice bahà’ì Mehry Sefidvash
Impara ad ascoltare. Non impari nulla ascoltandoti parlare.
(Anonimo)
Significato di conoscenza
Spesso usiamo la parola conoscenza come sinonimo di sapere; pertanto
conoscere l’altro significa per noi sapere qualche cosa dell’altro. Ciò è
molto superficiale. La parola conoscenza deriva da co-nascere, ossia nascere
con. Questo significa riscoprirsi sempre e soprattutto poter condividere e
comunicare, aprire il pro­prio cuore, rendersi disponibili, svelare i propri
pensieri. Per poter avere una visione in comune è importante mettere insieme
i diversi punti di vista e questo può avvenire solo attraverso la
consultazione. Ma, come tutte le cose, anche questa ha le sue regole ed i
suoi principi che devono essere rispettati, altrimenti diventa inutile ed
addirittura nociva perché può servire solo a prevaricare l’altro ed a
manipolarlo. Parleremo prima delle regole della consultazione usando come esempio quando c’è un
problema di cui i due coniugi vogliono discutere.
La prima regola è quella di individuare esattamente il problema:
sembra strano, ma tante volte si
discute anche per ore ed ognuno non ha solo punti di vista diversi ma
addirittura sta parlando di un problema differente.
Lei dice: «tu arrivi sempre troppo tardi a casa». Lui: «II mio lavoro è
troppo stressante e tu sei una moglie noiosa».
La seconda regola è limitare i confini del problema:
non aprire troppe parentesi e non tirare fuori
questioni che, anche se sono vere, in quel momento non sono pertinenti; èutile discutere un problema alla volta.
Lui: «I cassetti sono sempre in disordine». Lei: «Tu ti preoccupi più dei
cassetti che di me». Lui: «II disordine mi fa innervosire». Lei: «Tu non mi
ami più come una volta». Lui: «L’unica cosa che desidero dopo una giornata
stressante è un po’ di pace». Lei: «La pace l’avrai perché esco!». E sbatte
la porta.
La terza regola è non interrompere mai l’altro quando parla, anche se si
crede di avere capito, o peggio ancora che sta dicendo un sacco disciocchezze.
Ascoltare senza giudizi e preconcetti. Ascoltare ed essere
ascoltati è fondamentale. Ascoltare è un fatto attivo perché
ed essere ascoltati è fondamentale. Ascoltare è un fatto attivo perché
bisogna ricordarsi sempre che ogni volta è possibile imparare qualche cosa.
Lei: «Che giorno è oggi?». Lui: «Mercoledì». Lei: «Ma esattamente che
giorno?». Lui: «Per ora c’è il sole ma forse presto si annuvolerà».
La quarta regola è non rispondere ad una accusa con un’altra accusa.
Lei: «Perché non butti mai i tuoi calzini nel cesto della biancheria
sporca?». Lui: «Tu sei una donna pignola e spendacciona».
La quinta regola è scegliere il luogo ed il momento giusto per la discussione, evitando per
esempio di farla davanti ai figli o agli estranei, oppure quando uno dei duenon ha tempo o non è in condizioni di affrontarla.
Lui: «Perché ogni volta che invitiamo il mio amico Tony tu bruci
l’arrosto?». Lei: «Scusa devo correre perché i bambini fanno tardi a
scuola». Lui: «Lo sapevo, ogni volta che parliamo del mio amico Tony tu
scappi; allora è vero che ti è tanto antipatico».

La sesta regola è tenere sempre una distanza di rispetto sia verbale sia comportamentale.
Lei: «Ma ti sei visto come sei ridotto, ed io devo stare ad ascoltare un
tipo pelato e con la pancia?». Lui :«Tu pensa alla tua cellulite che alla
mia pancia ci penso io».
La settima regola è evitare di fare ricorso al passato per dimo­strare di avere ragione, tirare fuori episodi remoti per avallare le tesi di oggi.
Lei: «Non devi più viaggiare in aereo, hai visto che sei anni fa hanno
dirottato un aereo su Beirut?». Lui :«Ma se vado in treno c’è stata quella
bomba in galleria otto anni fa». Lei :«La macchina è troppo pericolosa,
ricordati l’incidente di tre anni fa». Lui: «Certo che ho bucato la gomma
della bici l’ultima volta che siamo andati in gita». Allora Lei: «Vedi che
ho ragione quando dico che è meglio che stai in casa».
L’ottava regola è evitare di usare i punti deboli dell’altro per ferirlo nei momenti caldi della discussione.
Non bisogna farsi coinvol­gere da
meschinità, egocentrismo ed offese infantili. Servono solo a degradare il
rapporto ed impedire la vicinanza. Lei: «Cosa vuoi sapere tu che hai
ripetuto la prima classe due volte ed alla fine hai finito le scuole facendo
corsi serali. Lui: «E tu, che ogni volta per uscire devi mettere la pancera
e le calze elastiche perché caschi da tutte le parti?».
La nona regola è considerare la discussione come il risultato di comportamenti reciproci dove non esistono solo colpe dell’uno o dell’altro.
Condividere in amore non significa tenere il bilancio di chi
fa questo o quello, o di chi fa più di un altro. Ci sono momenti in cui
dobbiamo dare più di quanto riceviamo, ma ce ne saranno altri in cui avremo
bisogno di ricevere più di quanto saremo in condizioni di dare. Non è
possibile tenere i punteggi come nelle competizioni sportive. Fare la
contabilità delle proprie sofferenze ci rende vittime, mentre contare i
momenti di serenità ci da vita.
Spesso non importa ciò che ci divide, purché abbiamo degli scopi in comune;
come diceva qualcuno, è meglio evitare di dare consigli: gli ignoranti non
ci badano e ai saggi non servono. Pertanto nella consultazione è molto
importante l’ascolto, arte che va imparata e sviluppata come anche
l’attenzione ai sentimenti e alla serenità altrui; tutto ciò può aiutarci a
cambiare il modo consueto di ascoltare. Tutti sentiamo di più ciò che
amiamo, ed è sempre molto importante tenere aperti i canali di
comunicazione. Anziché preoccu­parsi sempre di ciò che si può ottenere da un
rapporto, preoccuparsi invece di come poter contribuire. L’uomo ha inventato
fantastici sistemi di comunicazione per poter parlare con un altro uomo
sulla luna. Eppure spesso la madre non sa parlare con la figlia, il padre
con il figlio, il bianco con il nero, il settentrionale con il meridionale.
Riporto di seguito ciò che si dice negli scritti Bahà’i a proposito di
aspetti e requisiti della consultazione:
«Le tensioni ed i conflitti che sorgono devono essere identificati e
discussi con franchezza e amore, perché un aperto colloquio e fre­quenti
consultazioni sono essenziali al matrimonio. “

Spesso si pensa che una sincera

consultazioni sia un processo che frantuma l’unità anziché preservarla, ma

bisogna chiarire alcuni malintesi sulla natura della vera consultazione:

1. Una consultazione franca non è un confronto aggressivo. Quando una

consultazione è usata come mezzo per esprimere ostilità, perver­sità o

rancore, il suo scopo, cioè trovare la verità della situazione in modo da

prendere una decisione, è distorto. Inoltre servirsi della consultazione per

dare sfogo a emozioni negative ferisce i sentimenti e genera sfiducia.

2. La consultazione non è un mezzo per trovare le colpe, poiché distrugge il

suo scopo fondamentale. Di solito è inutile ricostruire i fatti che sono già

stati; occorre piuttosto cercare le cause di ciò che ha prodotto le

difficoltà.

3. La consultazione non è un luogo per recriminazioni. Le recrimina­zioni

non risolvono i problemi esistenti, ne creano di nuovi. La recriminazione

consuma energia e toglie a chi ne sia oggetto la propensione al colloquio.

4. Non si deve ricorrere alla consultazione considerandola un surro-

gato dell’azione o una catarsi temporanea. Talvolta la consultazione, come

effetto secondario benefico, può rallentare la tensione, ma, se sì limita a

questo, non potrà certo favorire la crescita del matrimonio in modo

ottimale. La consultazione deve essere usata per chiarire situazioni,

ristabilire le basi dell’unità, risolvere conflitti e prendere decisioni per

agire in modo da prevenire le eventuali difficoltà che potrebbero sorgere

dai medesimi problemi.

5. La consultazione non serve solo a risolvere problemi e a prendere

decisioni in caso di difficoltà; è anche un modo per scambiarsi e

comunicarsi aspirazioni, nobili ideali, incoraggiamenti e amorevole appoggio

in modo tale che i coniugi possano migliorare reciprocamen­te la propria

vita spirituale. Se sì dedicasse più tempo a questo genere di consultazione,

occorrerebbe meno tempo per consultarsi sul da farsi per risolvere problemi

e appianare conflitti”.

Se dovessero comunque sorgere problemi, bisogna convincersi che ognuno di

essi può avere molte soluzioni. E invece quante volte ci siamo sentiti

sconfitti e abbattuti da un problema perché non voleva­mo affrontarlo da una

diversa angolazione (e la differente angolazione la da sempre l’altra

persona). E molto importante anche l’immedesimazione nelle posizioni

dell’altro; il che non significa la totale accettazione dell’altrui punto di

vista, significa semplicemente che dobbiamo sforzarci di comprenderlo. Non

arriviamo però a tale risultato se non accettiamo che ognuno esponga le

proprie esperienze – valide sempre individualmente – anche se sono in

contrasto con le nostre. Non possiamo aspettarci che tutti abbiano una

visione della vita identica alla nostra; proprio per questo bisogna cercare

di non giudicare, per arrivare a una comprensione più profonda

dell’inutili­tà di rancori, aspettative e rabbia. E se qualche volta in una

discus­sione cediamo, questo non significa che ci siamo arresi, così come

essere flessibili non significa mancare di convinzioni. Capita spesso che

cedendo qualcosa in cambio otteniamo molto più di quanto ci saremmo

aspettati. C’è un proverbio persiano che dice «modi garbati e parole dolci

hanno il potere di trascinare un elefante per un pelo». In altro modo Dean

Ruskha detto: «uno degli strumenti più validi per convincere gli altri sono

le nostre orecchie f…] ascoltandoli». Ascolta­re è anche un mezzo per

capire meglio ciò che siamo. Spesso facciamo fatica ad ascoltare noi stessi,

pertanto abbiamo bisogno di un ampli­ficatore che è il parlare con l’altro;

il suo ascolto ci fa sentire meglio. Vorrei chiudere questo capitolo con la

poesia di uno scrittore anonimo che esprime sentimenti ed emozioni che molti

di noi probabilmente hanno provato nell’arco della loro vita:

«Quando ti chiedo dì ascoltarmi e tu cominci a darmi consigli, non fai

ciò che ti chiedo.

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a dirmi perché non dovrei

sentirmi in quel modo, calpesti le mie sensazioni.

Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu pensi di dover fare qualcosa per

risolvere i miei problemi, mi deludi, strano, come può parere.

Forse per questo la preghiera funziona, per molti.

Perché

Dio è muto, non da consigli, né prova ad aggiustare le cose.

Semplicemente, ascolta e confida che tu risolva da solo.

Quindi, ti prego, ascolta e sentimi. E se desideri parlare, aspetta

qualche istante il tuo turno, e ti prometto che ascolterò…

Parliamo di comunicazione: IL MOMENTO OPPORTUNO

Sappiamo tutti che esiste il momento opportuno  o quello meno opportuno per comunicare certi messaggi.
Quando sono andata al Corso di Comunicazione, come sempre in questi corsi per prima cosa ci si mette in cerchio.
Il maestro ci chiede di presentarci e di dire cosa ci si aspetta dal corso.
Questo è un modo per sciogliere un pò il ghiaccio, conoscerci e scambiare le prime idee sull’argomento.
Una signora ha detto che lei era venuta al corso per migliorare i rapporti con il suo capoufficio, con il quale aveva avuto un colloquio che l’aveva innervosita. Infatti era successo che per Natale lui aveva dato un premio ai suoi dipendenti, tra cui lei.
Lei era rimasta perplessa perchè, per quello che aveva lavorato e dato
all’azienda, si aspettava un innalzamento di livello, quindi era andata dal capoufficio per ringraziarlo del regalo, ma nello stesso tempo gli aveva chiesto, più o meno così: “E la promozione?
Lui le aveva risposto con una certa irritazione, che a sua volta l’aveva
irritata.
Insomma i rapporti, invece di migliorarsi in seguito al “regalo” si erano deteriorati.
Ognuno di noi ha dato il suo parere sull’argomento, e alla fine della
consultazione, d’accordo con il maestro, abbiamo concluso che ciò che aveva sbagliato la signora era stato il momento. Avuto il regalo, doveva andare esclusivamente per ringraziare, e solo in seguito, passati alcuni mesi, in un momento tranquillo per il direttore, avrebbe dovuto richiedere il motivo del mancato innalzamento di posto.
Ma gli esempi in questo argomento sono veramente infiniti ……
Per applicare questo precetto bisogna ricordare che nella comunicazione la psicologia dei soggetti ha la stessa importanza dell’oggettività dei messaggi.
Ricordo ancora la frase di Bahà’u’ullàh:
<<Non tutto ciò che un uomo sa può essere svelato,  né tutto ciò che eglipuò svelare è da considerarsi opportuno, né ogni parola opportuna può essere reputata adeguata alle capacità di chi ascolta>>.

La verità è che attendere il momento più opportuno comporta una pazienza che di solito non abbiamo.
Ma conviene imparare a pazientare …… :-))
Può darsi che il dirigente non abbia promossa la signora proprio per la sua dimostrata incapacità di relazionarsi con gli altri nel migliore dei modi … 😉

E comunque nel rapporto sociale “Meglio una buglia nel momento giusto, che una verità nel momento sbagliato”.

Meglio non vuol dire Ottimo: ho precisato solo una scala di valori.

I DISEGNI DEI BAMBINI: COME “LEGGERLI”?

La comunicazione nell’arte avviene naturalmente in modo diverso della
comunicazione linguistica, perché il mezzo è diverso.
L’arte si avvale di elementi geometrici: linee, piani, spazio
e fisici: colori, luce, toni
con i quali crea forme, volumi, composizioni
e da messaggi consci ed inconsci.

Leggere un messaggio artistico richiede una capacità che va coltivata come
quella della lettura di uno scritto, ma questa capacità è coltivata in modo
molto limitato rispetto alle capacità linguistiche, credo per motivi
economici. La studiano molto bene invece i grafici pubblicitari, che si
servono della nostra ignoranza in materia per “dominarci”

Ora provo a darvi un esempio di comprensione di un messaggio inconscio dato
dal disegno proprio con i disegni dei bambini che sono molto istintivi e
quindi “non fingono”.
Anche nell’arte, infatti, appreso il suo
linguaggio, si può fingere, ma …… fingendo non si raggiunge mai il
capolavoro!   …come nello scrivere… :-))

Iniziamo con la lettura degli elementi semplici: spazio e linea.

Quanto ora scrivo è tratto dal libro: I bambini non ve
lo diranno mai….ma i disegni sì.
di Paola Federeci

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Mini-guida di comprensione per genitori e insegnanti
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Avete il disegno del bambino davanti a voi.

Da dove cominciare per capirci qualcosa?

Cosa osservare per primo? Quali gli elementi più importanti da prendere
subito in considerazione?

Ecco un breve vademecum per imparare a osservare i dise­gni dei bambini. Non
dimenticate che “osservare è molto più di guardare”.

Lo spazio: come viene usato?

Il bambino può riempire completamente lo spazio del foglio a sua
disposizione con un disegno che si espande in tutte le di­rezioni. Questo
significa vivacità, capacità di esprimersi, intel­ligenza, una personalità
portata all’iniziativa e all’entusiasmo.

Se però è uno spazio troppo occupato, con figure enormi che escono dal
foglio, il bambino non è in equilibrio, tende al­l’arroganza, vuole avere
ragione, spesso con insistenza e facil­mente usa toni aggressivi per imporsi
sui compagni.

In quale spazio del foglio ha disegnato in prevalenza il bambino?

Se il disegno si espande soprattutto nella parte bassa del
foglio, lasciando ampio margine bianco nella parte centrale e
in alto, si tratta di un bambino dall’ intelligenza pratica. È ca­pace di
usare le mani per costruire, manipolare, inventare og­getti, riparare ecc.

Se il disegno si espande solo in alto, è un bambino pieno di fantasia, che
però può rifugiarsi nei suoi ideali, senza riuscire a concretizzarli. Tende
ad essere timido, un po’ fra le nuvole, sicuramente poco pratico e non
sempre organizzato.

Se invece il disegno è armonico dal punto di vista dello spazio – cioè si
espande da ambo le parti – il bambino è equi­librato fra sogno e realtà,
applicazione pratica e ideali. Riesce a porsi socialmente con sufficiente
sicurezza, ha una buona fi­ducia in sé.

Nel caso vi sia un disegno molto piccolo, posto al centro del foglio bianco,
si tratta di un bambino pieno di paure, che non sa muoversi né socialmente
né con iniziative proprie. Può accadere che l’intelligenza risenta di queste
paure e non si ma­nifesti appieno nelle sue potenzialità.

Come sono il tracciato e la pressione della penna?

Quanto più un tracciato è incerto, sottile e dall’apparenza snervata, tanto
più si tratta di una personalità chiusa e timida, a volte pigra, senza
iniziativa, con scarsa fantasia. Sarà poi da verificare con un esperto da
cosa dipende in realtà questo stato di cose.

Se il tracciato della matita è vigoroso, pieno, ben segnato, il bambino è
vivace, pronto e attivo, dall’intuito immediato. Attenzione però: se il
tracciato è molto premuto, dall’aspetto grossolano, con segni pesanti e
marcati, non sono più soltanto la capacità volitiva e la determinazione ad
emergere, ma vio­lenza, aggressività, il volere imporre il proprio punto di
vista senza sentire ragioni. Insomma il bambino diventa prepotente ed
egocentrico, può essere viziato e non tenere conto delle esi­genze degli
altri.

Linee, curve e spigoli

Le linee curve indicano duttilità di carattere, dolcezza e di­sponibilità,
buone maniere, capacità di compiacere il prossimo.

Le linee spezzate con angoli acuti che fanno cambiare spes­so direzione al
disegno (ad esempio i rami contorti di un albe­ro) indicano uno stato di
disagio, possibili capricci, tensione per motivi che sono da verificare.

C’è armonia nel disegno e nelle linee?

Se un disegno presenta sia linee curve sia linee spigolose e rette, se a
colpo d’occhio appare simmetrico, ben localizzato nel foglio e nelle sue
parti, indica che il bambino è in possesso di una sua autodisciplina e
mostra coerenza di comportamento.

Se, pur essendo armonico nell’insieme, il disegno è disloca­to nella parte
sinistra del foglio, il bambino è ancora molto legato alla mamma, ai suoi
bisogni infantili, al passato, nel quale cerca sicurezza. È un bambino che
ha paura del futuro e teme le novità come fonti di pericolo. Ha scarsa
tolleranza agli imprevisti. È piuttosto introverso.

Se invece il disegno si espande nella parte destra del fo­glio, il bambino è
pieno di iniziativa, aperto alle novità, curio­so, estroverso, vuoi provare
cose nuove, delle quali non ha paura.

La grandezza delle figure

Se tutte le figure sono disegnate molto piccole, da un lato indicano
intelligenza acuta, capacità di osservare i dettagli, ma dall’altro anche
uno scarso senso di sé, insicurezza, come se il bambino avesse timore a
manifestare i propri diritti.

Se al contrario le figure sono molto grandi, il bambino ha una grande
considerazione di se stesso – a volte anche eccessi­va. È più superficiale,
sommario nelle sue considerazioni e po­co portato alla critica e
all’analisi.
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Possiamo aggiungere che questa sintesi, che come tutte le sintesi ha il
pregio di essere chiara, veloce, ma non certo sufficiente a una comprensione
più approfondita,  può essere applicata anche alla lettura dei messaggi
artistici in generale.